Secondamano #4 | Etere, parte 1 (Lily Chou-Chou no subete)
Musica, cinema, narrativa diffusa. Storia della creazione di un meta-personaggio, di un fenomeno di culto di inizio millennio e di un esperimento socio-narrativo.
Secondamano vuole essere uno spazio dedicato agli adattamenti e alle storie raccontate di nuovo in modo diverso, in tempi diversi o semplicemente altrove, specialmente nell’audiovisivo ma non solo.
Ho conosciuto Lily Chou-Chou tramite la sua colonna sonora. L’algoritmo di YouTube la consiglia facilmente se si è abituati a bazzicare un certo tipo di genere, e se si nutre una certa fascinazione per certa cultura nipponica, cioè per quella meno stereotipata o anime-oriented.
Come spesso accade, sono stato attirato dalla copertina: uno scatto semplicissimo di una ragazza di spalle in un prato, sotto un cielo terso. Una tipica rappresentazione “ribaltata”: il cielo sereno dovrebbe comunicare serenità e giovialità, il prato un certo senso di semplicità bucolica. Ma la prospettiva inclinata, i colori così saturi e irreali, la figura umana a capo lievemente chino, che non guarda in camera, conferiscono, all’opposto, un senso di immobilità, solitudine e malinconia. Sentimento che viene confermato premendo play: un torrente di suoni tra l’inquieto e l’etereo, dove a prevalere è talvolta un cupo senso di sospensione e torpore, altrove disordinati sfoghi elettrici, più irruenti che rabbiosi. Un disco indubbiamente fascinoso, dotato di quell’atmosfera sospesa e quella malinconia lirica che è una delle caratteristiche più potenti e interessanti della produzione artistica e culturale giapponese.
Ci è voluto poco a scoprire che quel disco capitato per caso nei Recommended di YouTube per un capriccio dell’algoritmo, era in realtà la colonna sonora di un film, Lily Chou-Chou no subete (o All About Lily Chou-Chou, se preferite il titolo con cui è stato distribuito internazionalmente), e che (e qui ammetto la mia ignoranza) si trattava di roba di culto, ben conosciuta nel ghetto dei cosiddetti cinefili e non. Una volta recuperato, ho impiegato altrettanto poco tempo nel capire il motivo: Lily Chou-Chou è un film intenso, visivamente e registicamente ardito al punto da risultare stordente, ed è anche un oggetto mediale complesso, ben più ampio dei suoi angusti cinematografici. Qualcosa che si pone di raccontare, nel modo meno accomodante, nostalgico e retorico possibile, il putrido acquitrino della pubertà e dell’adolescenza.
Considerando che c’è molto da scrivere a riguardo, ho deciso di dividere questo episodio di Secondamano in due parti. In questa prima parte, affrontiamo innanzitutto la genesi di questo film. Ovvero: la genesi di Lily Chou-Chou.
Scrittura collettiva
Lily Chou-Chou è un’entità. Qualcosa che aleggia, in modo impalpabile, su tutto, palesandosi solo attraverso le proprie emanazioni spirituali (la musica) su tutti i personaggi della storia. Non è tanto il fulcro centrale della narrazione, che è sostanzialmente la storia di un gruppo di bambini che perdono l’innocenza, ma una specie di fil rouge che li lega tutti, come un CD che passa di mano di mano. Un disco passato da un amico o un conoscente, per chi si ricorda ancora l’epoca prima dello streaming, poteva cambiare del tutto i tuoi gusti musicali, la tua visione. Persino la tua stessa vita. Allo stesso modo, le loro esistenze vengono sfiorate, e, gradualmente, in modo imprevedibile e intangibile, cambiano.
Lily Chou-Chou agisce perciò come un commento, un background, una presenza. È l’etere.
L’etere è anche l’attributo misterioso che i fan di Lily Chou-Chou attribuiscono alla loro cantante preferita: una qualità spirituale, mistica, che rappresenta un caleidoscopio di sensazioni che ispirano la sua arte e la visione del mondo, e, per riflesso, quella dei suoi ammiratori. L’etere appare come una sorta di carburante che crea una profonda connessione spirituale (oserei dire, spiritica) tra i fan e l’artista, un vero e proprio rapporto parasociale che si manifesta tramite flussi di pensiero che, nel complesso, appaiono come tante epifanie private. Adolescenti e non che scoprono un livello più profondo della realtà, e danno corpo e anima alla propria solitudine, al proprio disagio, alla propria inadeguatezza, attraverso un’identificazione pressoché totale non tanto con l’artista in quanto essere reale, ma come se fosse una complessa e intangibile (quasi divina) rappresentazione dell’essenza delle proprie anime spezzate.
All’interno del film, questo profondo interscambio viene palesato tramite frequenti e stranianti incursioni di testo a schermo: dei cut-up riportati semplicemente con testo bianco su sfondo nero che altro non sono che messaggi dei fan su una BBS (Bulletin Board System, bacheche virtuali simili a forum o guestbook) dedicata a Lily Chou-Chou. Una lunga sequenza di tali messaggi apre il film, settando immediatamente il mood e portandoci dentro il mondo di Lily Chou-Chou, come questi:
Lei è nata l’8 dicembre 1980 alle ore 22:50. Nello stesso momento in cui Mark David Chapman uccise John Lennon.
Per me è solo una coincidenza. Ciò di cui mi importa è che lei sia nata proprio in quel momento.
Il suo nome: Lily Chou-Chou.
Genio.
O meglio: genesi.
L’Etere personificato.
Le cose a cui tieni - amici, famiglia, amanti- sono quelle che fanno più male.
Devi conviverci.
Per questo abbiamo l’Etere.Un posto di pace eterna.
Ecco cos’è l’Etere.
Lily vede qualcosa che nessun altro riesce a vedere.
Se è l’Etere, noi dobbiamo ascoltarla.
L’ombra che LEI rilascia nell’Etere sublima le forme d’onda, trascende lo spettro, fino all’invisibile oltre.
Una pervasiva immagine di dolore riempie i vuoti lasciati dalla serotonina.
(traduzioni mie dall’inglese)
Una sorta di meta-racconto, a margine della storia, che delinea un incorporeo meta-personaggio.
Una bizzarria che, tuttavia, non nasce con il film, ma prese anzi forma da un esperimento del regista Shunji Iwari. La BBS dedicata a Lily Chou-Chou, infatti, esisteva davvero, creata nel 2000 (un anno prima dell’uscita del lungometraggio) col nome di Lilyholic. Un po’ come per la celeberrima campagna promozionale di The Blair Witch Project - in cui si venne creato un sito apposito prima dell’uscita del film che spacciava i fatti narrati come reali - ma in modo più elaborato e pervasivo. Iwari non si limitò infatti a creare una storia attorno al personaggio fittizio così creato, ma iniziò a popolare il contenuto della BBS con messaggi di “fan”, dando comunque la possibilità ad altri di postare liberamente. E altri, effettivamente, risposero, aizzati dal regista dietro le quinte riguardo Lily, la sua non-storia e il misterioso “Etere”.
Iwari intendeva evocare la sua Lily nel mondo reale anche attraverso quello che, in fin dei conti, è l’essenza del suo personaggio: la musica. Fondò una band, chiamata appunto Lily Chou-Chou, in cui lui stesso si occupava dei testi, arruolando come partner in crime il musicista e compositore Takeshi Kobayashi per le musiche. A completare la formazione, si aggiunge una cantante esordiente, Salyu, con la responsabilità di dare un volto alla non-artista. Nel corso del 2000, vari prodotti con il nome Lily Chou-Chou arrivano sugli scaffali dei negozi, sotto forma di singoli: piccoli semi sparsi atti a rafforzare l’illusione dietro la storia creata dall’autore, e ad alimentare i discorsi e le narrazioni che Iwari desiderava portare avanti con la BBS. Nel giugno del 2000, un videoclip del brano Kyomei viene addirittura trasmesso nel programma musicale Hey! Hey! Hey! Music Champ, dove Salyu mostra apertamente il proprio volto identificandosi come Lily Chou-Chou.
Iwari e le ignare vittime continuarono a postare fino a quando un tragico fatto accaduto a un concerto di Lily costrinse all’interruzione forzata. Tutto chiaramente un piano del regista, che poi raccolse il materiale accumulato sulla BBS per farci un’Internet novel, che venne pubblicata su CD-Rom solo in Giappone. Soprattutto, utilizzò alcuni messaggi comparsi sul forum e li inserì direttamente nel film, tramite i cut-up già citati: alcune di queste frasi, perciò, non sono state scritte dall’autore, ma direttamente da persone reali, all’insaputa dell’operazione. Iwari condusse la BBS in modo da raccontare una storia, che culmina appunto con l’uccisione di un ragazzo a un concerto dell’artista: tale backstory è, manco a dirlo, quella che viene raccontata diffusamente nel film, uscito nel 2001.
Quando il lungometraggio, infine, uscì, era dunque possibile collegare i puntini: ciò che sulla BBS veniva narrato “passivamente”, sullo schermo trovava forma e compiutezza.
Kokyu, l’album a nome Lily Chou-Chou suggeritomi dall’algoritmo di YouTube risucchiandomi dentro questo strano fenomeno multimediale di inizio millennio, uscì poco tempo dopo. La band “reale” Lily Chou-Chou si dissolse ufficialmente appena dopo la pubblicazione dell’album: il suo scopo si era esaurito.
Note mia: la BBS esiste ancora, e si può ancora lasciare commenti. Potete trovarla qua (ovviamente la maggior parte dei commenti sono in giapponese): Lilyholic. Se vi piacciono queste cose, è anche un bel tuffo nostalgico nell’internet che fu. Anche la band Lily Chou-Chou esiste ancora, in realtà: si è riformata nel 2010, con Salyu e Kobayashi ma senza il coinvolgimento di Iwari (ed è perciò da considerare come avulsa da Lily Chou-Chou come personaggio “filmico”).
Per stavolta, ci fermiamo qui. Dopo aver dissertato su ciò che circonda il film, la sua portata meta-narrativa, la prossima volta parleremo del film vero e proprio. Una storia di gioventù, dolore e disperata ricerca di senso.